Una delle paure più frequenti, tra le future mamme, durante il periodo della gravidanza, è proprio quella nei confronti di se stesse: una costante preoccupazione di non riuscire a diventare una madre efficiente e capace.
La donna, in preda alle sue ansie e ai suoi timori, spesso trascorre le sue giornate cercando di svolgere scrupolosamente tutto ciò che le è stato indicato dagli specialisti, si confronta con mamme più esperte o si documenta leggendo libri e riviste, ma non riesce comunque a liberarsi della paura di quello che potrebbe accadere a causa della sua inadeguatezza.
Vorrebbe pensare solamente alla bellezza di avere un figlio e a tutte le piccole e grandi cose da fare insieme a lui, ma non ci riesce, perché la paura prende spesso il sopravvento e perché nella sua mente ci sono troppe domande che non trovano ancora risposta. L’attesa del bebè si carica così di numerose aspettative e più la gestante si sforza di orientare positivamente i propri pensieri, più questi vanno nella direzione contraria tormentandola.
Anche in questi casi, come rispetto alla paura del parto, di cui ho parlato in un precedente articolo, molte future mamme mettono in atto alcuni «copioni comportamentali», o «tentate soluzioni», per cercare di stare meglio, che purtroppo, invece di aiutarle a risolvere il problema, rischiano di incrementarlo ulteriormente, rendendo le loro ansie ancora più pervasive.
Per cercare di prevedere e di controllare una realtà che ancora non conoscono, molte donne in attesa di un figlio iniziano a leggere e a documentarsi sulla maternità e sul puerperio: comprano manuali a tema, consultano il web, ma a volte questa tendenza, per via della loro insicurezza, diventa esasperata, rischiando di esacerbare l’ossessione. Mano a mano che la quantità di materiale a disposizione aumenta infatti, i loro timori, invece di placarsi, si amplificano, poiché in qualche modo è come se si rendessero conto di quanto ci sia ancora da sapere per essere in grado di affrontare al meglio qualsiasi evenienza.
Una seconda tentata soluzione fallimentare che la donna incinta potrebbe mettere in atto, per ricevere pareri incoraggianti riguardo alle proprie capacità, è quella di confrontarsi con altre persone, in particolare altre mamme. Anche questa modalità di affrontare il problema tuttavia, si trasforma nel tempo in una trappola, poiché, oltre a non tener conto della soggettività con la quale ciascuno di noi vive le proprie esperienze, contribuisce a far aumentare la paura, invece che a ridurla. Parlare delle proprie preoccupazioni diventa, per utilizzare un’immagine metaforica, «come innaffiare con un fertilizzante speciale una pianta, facendola crescere a dismisura», inoltre, dal confronto con gli altri, potrebbero anche nascere nuovi interrogativi, e la richiesta di rassicurazioni allora, potrebbe diventare interminabile.
Infine, un’altra modalità disastrosa, ma molto utilizzata dalle future mamme per gestire la paura del nuovo ruolo, è quella di cercare di tranquillizzarsi, tentando di rispondere in maniera rassicurante ai propri dubbi mentali. Quello che accade però, è che per alcune domande, come ad esempio: «Sarò una buona madre?», «Riuscirò a prendermi cura di mio figlio nella maniera giusta?», «Sarò capace di volergli bene?» ecc., non sia possibile, ahimè, trovare delle risposte che siano assolutamente certe e dimostrabili nel presente. Il rischio allora, è quello di perdersi in continue ruminazioni e ragionamenti, fino a crearsi dei veri e propri «labirinti mentali» dai quali diventa sempre più difficile trovare una via d’uscita!
Attraverso i comportamenti che ho descritto, le preoccupazioni si alimentano fino a volte a diventare delle vere e proprie forme di paura patologica. In tutti questi casi, è necessario intervenire, fornendo alla futura mamma delle soluzioni più efficaci per affrontare il problema che, in Terapia Breve Strategica, sono rappresentate da alcune manovre terapeutiche:
- La congiura del silenzio: si prescrive alla gestante di evitare di parlare del suo problema o di cercare, attraverso il confronto con gli altri, rassicurazioni riguardo alla sua paura, spiegando come questo comportamento, agito al fine di trovare sollievo e conforto, conduca in realtà all’aggravamento dell’ossessione e dei suoi effetti sintomatici.
- Il blocco delle risposte: si sostituisce al «dubbio patologico» il «dubbio terapeutico», spiegando alla persona come, ogni qual volta cercherà di rispondere «in maniera intelligente ad una domanda stupida», finirà per alimentare i suoi dubbi e le sue fissazioni. In altre parole, la si inviterà non tanto a tentare di porre un freno ai suoi interrogativi, ma a cercare di bloccare le sue risposte, poiché ogni qual volta proverà a formularle, finirà inevitabilmente per incrementare le sue domande.
Il come peggiorare: una strategia un po’ bizzarra, ma molto efficace per evidenziare i propri comportamenti disfunzionali e sostituirli con delle soluzioni valide, è quella di porsi ogni mattina una domanda: «Se io volessi, invece che essere una buona madre, creare volontariamente dei problemi a me stessa e a mio figlio, cosa potrei fare o non fare? Pensare o non pensare?» Questa domanda segue la logica di un antico stratagemma cinese: «Se vuoi drizzare una cosa, impara prima tutti i modi per storcerla di più», e ha lo scopo di creare nella mamma una reazione avversiva verso tutti i quei comportamenti, dettati dalla sfiducia in se stessa, che invece di risolvere il problema, rischiano di alimentarlo.
- Il come se: è una tecnica orientata alla soluzione, che guida la donna ad effettuare delle piccole azioni concrete e quotidiane, per vivere con maggiore serenità la nascita di un figlio. La richiesta infatti, è quella di mettere in atto, ogni giorno, una piccola cosa «come se» fosse certa di essere una madre affidabile e capace: comprare un regalino per il bambino, preparargli la cameretta, ricamare i suoi vestitini ecc. Questo esercizio aiuta la futura mamma a concentrarsi sul fare, invece che pensare e, spostando la sua attenzione da un presente problematico a un futuro senza problema, costituisce un’ottima suggestione positiva che permette di realizzare il cambiamento desiderato. Come direbbe Von Foester: «Se vuoi vedere impara ad agire».
Articolo di Chiara Ratto,
Psicologa e Psicoterapeuta